DEPRESSIONE
Quando si pensa alla depressione ciò che comunemente viene in mente è un insieme di umore basso, stanchezza o poca voglia di fare.
Ma è proprio così?
Non esattamente. La depressione è una condizione clinica stabile, complessa e invalidante che non si compone solo della delusione per un esame o un colloquio andato male, della tristezza per una rottura o per un lutto o dell’incapacità di provare piacere o soddisfazione nella quotidianità. Questi sono sintomi che possono riguardare la sfera della depressione ma che, il più delle volte, non hanno intensità e durata tali da giustificare una diagnosi di disturbo dell’umore – o di depressione, nel lessico di tutti i giorni.
La depressione citata normalmente fa riferimento al disturbo depressivo maggiore che, per quanto emblematico, diffuso e studiato, è solo uno dei disturbi che riguardano la sfera dell’umore. Infatti, tra i disturbi dell’umore distinguiamo due macrocategorie: i disturbi caratterizzati da soli sintomi depressivi – come ad esempio il disturbo depressivo maggiore appunto o la distimia – e i disturbi caratterizzati sia da sintomi depressivi sia da sintomi maniacali – ovvero i disturbi bipolari.
È importante fare una precisazione. Questo tipo di disturbi riguardano l’umore, ma possono essere presenti anche esaltazione, energia e irritabilità come per i disturbi bipolari, o labilità emotiva, rabbia ed esplosività come nel caso del disturbo da disregolazione dell’umore dirompente o del disturbo disforico premestruale, entrambi disturbi dell’umore di tipo depressivo.
Tuttavia, visto spazio che occupa nell’immaginario di tutti i giorni e l’alta incidenza con cui si presenta, oggi parleremo di depressione facendo principalmente riferimento al disturbo depressivo maggiore.
Cosa succede alla persona depressa?
Come evidenziato da vari manuali [1, 32, 42], la persona depressa vive in un perenne stato di torpore, caratterizzato da sentimenti di tristezza, apatia e disinteresse. Questa tende a chiudersi nelle rimuginazioni, nelle autoaccuse, nell’osservare i propri difetti e le proprie mancanze, nel guardare a se stessa, al mondo e al proprio futuro in maniera negativa e priva di speranza, tendendo a chiudersi e preferendo l’isolamento, il ritiro sociale e il silenzio.
Chi soffre di depressione può avere difficoltà a prestare attenzione, a concentrarsi, ad imparare o a svolgere le attività della vita quotidiana. In alcuni casi si può presentare un rallentamento del pensiero e dei movimenti, in altri invece irrequietezza e agitazione psicomotoria.
A questi sintomi si accompagnano spesso disturbi del sonno e dell’appetito. Infatti, alcune persone depresse, seppur esauste, possono avere difficoltà nell’addormentarsi e possono svegliarsi spesso durante la notte, altre al contrario possono dormire anche tutto il giorno. Allo stesso modo, chi soffre di depressione può ridurre notevolmente l’alimentazione, non percependo più l’appetito e i sapori del cibo, mentre in altri casi può presentarsi un aumento dell’appetito.
Inoltre, può presentarsi una grande perdita di iniziativa, una marcata diminuzione di piacere rispetto ai propri interessi o hobby, uno scarso interesse sessuale e una visibile trascuratezza di se stessi, tanto estetica quanto igienica.
Oltre ciò, la persona depressa spesso accusa sintomi fisici, come stanchezza, pesantezza e mancanza di energie e può anche riferire varie algie (dolori localizzati), tanto da pensare di soffrire di una grave patologia medica [1, 32, 42, 47].
Perché si parli di depressione clinica, tale condizione non deve essere causata da sostanze, condizioni mediche o da altre patologie psicologiche e i sintomi devono essere tali da compromettere il funzionamento della persona [1].
La depressione è una condizione grave dal momento che la persona, avvilita e priva di speranza, può sviluppare pensieri suicidari che possono metterla in grave pericolo [1, 32, 42].
Cosa causa la depressione?
L’insorgere della depressione è un concorrersi di cause. Nonostante ciò, in generale è stata registrata un’alta ereditabilità per i disturbi dell’umore – tra il 30% e il 40% per il disturbo depressivo maggiore e fin oltre il 90% per il disturbo bipolare [14, 25, 30, 49, 55]. Infatti, sono stati individuati numerosi loci (specifiche posizioni cromosomiche) che potrebbero influenzare l’espressione di questo tipo di disturbi [25, 45].
Tuttavia, si ritiene che tutte queste predisposizioni genetiche, in interazione tra loro e con l’ambiente, interferiscano con la regolazione emotiva e con le risposte allo stress, favorendo maggiormente, in chi è predisposto, lo sviluppo della depressione [32].
Infatti, queste predisposizioni genetiche sembrerebbero interferire con le funzioni di alcuni neurotrasmettitori [4, 28, 34, 37, 39, 48, 50], ormoni [16, 38] e con l’attività di determinate aree cerebrali in chi soffre di depressioni così come in chi ha familiarità genetiche [11, 15, 20, 43, 46, 52], debilitando appunto l’aspetto di regolazione emotiva e la normale gestione dello stress.
In particolare, è stato riscontrato un diminuito funzionamento dell’attività della dopamina (il neurotrasmettitore principalmente coinvolto nel circuito cerebrale della ricompensa che influenza livelli di energia, motivazione e piacere) [13, 34, 37, 50]. Inoltre, livelli bassi o scarsa sensibilità alla serotonina (un neurotrasmettitore coinvolto in numerose funzioni vegetative quali regolazione emotiva, ritmo sonno-veglia, appetito, sessualità e in numerose funzioni cognitive) sembrano influenzare il tono dell’umore in chi presenta depressione o familiarità per i disturbi dell’umore [4, 19, 39, 48]. Un’ultima molecola fortemente coinvolta negli episodi depressivi è il così detto “ormone dello stress” (il cortisolo) che generalmente aiuta l’organismo ad essere reattivo nelle situazioni stressanti, ma un suo elevato mantenimento nell’organismo può provocare dei danni. Infatti, durante gli episodi depressivi è stata registrata una forte disregolazione e iperattività dell’amigdala (un’area profonda del cervello fortemente connessa alle emozioni) che innesca una reazione a cascata attivando l’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) e il conseguente e persistente rilascio di cortisolo che mantiene uno stato di allerta fino ad affaticare gravemente l’organismo [16, 19, 20, 32, 38, 54].
E chi non è predisposto perché sviluppa la depressione?
Oltre ai fattori genetici e neurobiologici, che aumentano esponenzialmente il rischio, anche fattori sociali, ambientali e cognitivi possono causare lo sviluppo di depressione.
Gli episodi depressivi sono tipicamente preceduti da eventi stressanti. Infatti, eventi stressanti, come perdita del lavoro, fratture relazionali o rotture sentimentali, tra il 42% e il 67% dei casi possono causare un esordio depressivo maggiore [6]. Allo stesso modo, perdite e lutti, eventi umilianti o fattori di stress cronici, come gli stati di povertà, sono tutti elementi che concorrono nello sviluppo della depressione [6, 7, 29].
Un ulteriore fattore di rischio riguarda la socialità. Infatti, la mancanza e l’inefficienza del supporto sociale, così come modalità eccessive, critiche, conflittuali e ostili all’interno della famiglia, riducono la capacità di fronteggiare gli eventi stressanti della vita e aumentano notevolmente il rischio di sviluppare patologie depressive [5, 8, 26, 56]. Allo stesso modo, scarse competenze sociali e scarse abilità nel risolvere problemi interpersonali possono risultare fattori predittivi nello sviluppo della depressione [9, 12].
Tuttavia, nella sfera socio-affettiva cause ed effetti possono confondersi. Infatti, con l’insorgere dei sintomi depressivi – ma non di un disturbo vero e proprio – si può innescare una reazione circolare, per cui le modalità depresse di una persona in difficoltà possono promuovere difficoltà relazionali o suscitare reazioni negative nelle persone che ha intorno, fino a confermare le concezioni negative che essa ha di sé, facendola sentire rifiutata, isolata e promuovendo infine l’instaurarsi di un disturbo depressivo [10, 21, 22].
Come si può spiegare a livello individuale?
Un tratto di personalità fortemente coinvolto nelle sindromi ansiose e depressive è il nevroticismo (la tendenza a reagire negativamente agli eventi), che risulta essere un fattore predittivo nell’insorgere di questo tipo di disturbi [23, 31].
Sono state anche individuate delle modalità di pensiero che si associano allo sviluppo della depressione.
Una di queste prevede la presenza di una “triade negativa” [2], ovvero una visione negativa di sé, del mondo e del futuro. Spesso le persone che soffrono di depressione hanno acquisito durante la crescita schemi di pensiero negativi, in conseguenza ad eventi fortemente stressanti, come lutti, isolamento sociale o atteggiamento depresso dei care giver (figure curanti). Tali schemi mentali emergono più come filtri con i quali si guarda ciò che succede piuttosto che come pensieri lucidi e coscienti, tuttavia, una volta attivati producono una distorsione cognitiva che porterà la persona ad elaborare negativamente – ed erroneamente – ciò che succede [2, 3, 18, 27]. Chi manifesta questo stile cognitivo tenderà a concentrarsi, elaborare, incamerare e rievocare maggiormente gli aspetti negativi di sé, delle proprie azioni e dei feedback esterni – più che quelli positivi –, mantenendo attivi questi schemi ed alimentando e sostenendo le proprie modalità depressive [17, 33, 35, 44].
Un altro stile cognitivo che ben si associa a quello ora descritto riguarda la rimuginazione (la tendenza a ritornare continuamente su esperienze e pensieri tristi). Questa tendenza a rievocare e risperimentare materiale spiacevole riguardo se stessi, il proprio operato e le proprie esperienze, interferisce con il problem-solving e accresce emozioni e umore negativi [32, 40, 51, 53]. Questo stile cognitivo risulta essere un elemento predittivo dell’insorgere di episodi depressivi [24, 36, 41].
In conclusione, la depressione è una patologia complessa e invalidante. Le sue cause variano tra predisposizioni genetiche, fattori neurobiologici, componenti ambientali, relazioni socio-affettive e caratteristiche individuali. È importante riconoscerla e trattarla poiché rischia di autoalimentarsi, aggravarsi e cronicizzare, ed è fondamentale non prendere la depressione sotto gamba perché può portare ad atti estremi.
Ognuno di noi ha diritto ad una vita serena e realizzata: c’è la possibilità di uscire dalla morsa dalla depressione facendo ricorso al supporto psicoterapeutico!
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